Le “grotte di Dio” di Mottola

Ultima modifica 12 maggio 2020

Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati

Il rupestre mottolese è molto conosciuto turisticamente grazie alla fortunata  definizione “grotte di Dio”, che venne utilizzata per la prima volta nel 1987 in un articolo della rivista Bell’Italia dedicato alle principali chiese rupestri mottolesi.
Nei villaggi scavati in età medievale nella Puglia centrale,  come in tutte le comunità umane, vi sono dei templi, naturalmente anch’essi rupestri, nei quali furono consumate per diversi secoli le manifestazioni di fede, devozione e arte sacra di quelle popolazioni. Le pareti delle “grotte di Dio” sono state così ricoperte da pitture e affreschi, soprattutto a partire dalla conquista normanna. Di conseguenza, molte delle chiese rupestri di Mottola sono riccamente affrescate. Grazie alle loro decorazioni sacre, che sono fortunatamente giunte fino a noi, esse attualmente  costituiscono le testimonianze maggiormente conosciute, propagandate e apprezzate della nostra vicenda trogloditica medievale.
Nonostante  la loro importantissima testimonianza nella storia dell’arte, non bisogna scordare che la scelta maggiormente innovativa e interessante dei nostri avi medievali, più di mille anni fa, non fu lo scavo e la decorazione dei templi rupestri, bensì il voler “vivere in grotta”, per i tanti vantaggi che questo comportava in quel contesto storico, economico, ambientale e climatico.
Anche se i modelli delle chiese e basilichette ipogee il più delle volte imitavano quelli dei templi costruiti, è evidente la particolarità della “architettura rupestre”, dovuta alle limitazioni e ai condizionamenti connessi allo scavo. D'altronde, per quanto riguarda l’arte sacra, queste chiese non ci offrono testimonianze di una particolare “arte rupestre”. In realtà, sulle pareti di roccia delle chiese scolpite nel tufo vennero effigiate le medesime espressioni artistiche e devozionali, tipiche della religiosità popolare nel medioevo pugliese e lucano, che si ritrovavano negli affreschi murali e nelle tavole delle icone delle chiese sub divo.
L’elemento più importante, pertanto, è costituito dalla loro preziosa custodia di quelle testimonianze di architettura e arte sacra. Le “grotte di Dio” ci hanno fedelmente conservato e tramandato il patrimonio artistico e devozionale del medioevo, a differenza della maggior parte delle chiese che furono “costruite” nello stesso periodo. Molte di queste ultime, nel corso dei secoli, sono andate distrutte, dissolvendo nel crollo il loro messaggio artistico e devozionale. Quelle rimaste integre, il più delle volte hanno registrato adattamenti successivi, come la sovrapposizione di superfetazioni architettoniche e di strati pittorici sulla primitiva decorazione medievale, che ne hanno alterato e stravolto le caratteristiche originarie.
Invece, grazie alla eternità della grotta, che non crolla (quasi) mai, e al ridursi della antropizzazione degli insediamenti ipogei, generalmente abbandonati a partire dal XIV secolo, le chiese rupestri del “museo diffuso” di Mottola rappresentano oggi una intatta, affascinante e sorprendente pinacoteca dell’arte sacra medievale, ospitata da contesti ambientali, come le gravine e le lame, di eccezionale cifra ambientale e paesaggistica.
La loro galleria di immagini sacre sintetizza la cultura e la produzione pittorica sacra popolare, in un arco temporale che spazia dalla seconda colonizzazione bizantina fino alle soglie del Rinascimento. Le pitture sono in gran parte segnate dalla espressività bizantina, che in queste terre restò predominante per diversi secoli anche dopo la cacciata politica di Bisanzio. Vi si leggono gli apporti delle varie scuole regionali, cipriote, greche, cappadoci, palestinesi, balcaniche, che attraverso il Mediterraneo arrivarono fino a noi, nonché gli influssi provenienti dalle aree di confine di scuola latina, come la Campania e il Lazio.
Sulle pareti delle “grotte di Dio” troviamo così rappresentate soprattutto raffigurazioni iconiche e agiografiche dei Santi e di Cristo, nei Pantocratori e nelle Deesis. Queste pitture nelle chiesette rupestri e il loro corredo simbolico facevano da tramite tra l’essere umano e l’essere divino, svolgendo una funzione che era insieme devozionale e didattica. Da una parte permettevano la contemplazione, la preghiera e l’offerta votiva, dall’altra fornivano al fedele un vero e proprio insegnamento teologico e morale.
Il territorio di Mottola contava oltre trenta chiese rupestri, alcune delle quali purtroppo sono andate distrutte. L’amministrazione comunale della città ha acquistato nei corso dei decenni passati quelle più importanti e significative, per la storia e la storia dell’arte, che sono attualmente visitabili attraverso visite guidate.