Il territorio di San Basilio nei secoli
Ultima modifica 13 maggio 2020
Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati
La borgata di San Basilio è posta strategicamente presso un snodo stradale che ha rivestito da sempre una grandissima importanza per le comunicazioni ed i commerci tra la costa jonica e quella adriatica e per le direttrici di traffico verso la Basilicata e le aree interne della Murgia nord occidentale.
In età preclassica questo territorio ospitò un importante centro dei Peuceti, gente japigia di origine illirica che si insediò nell'area corrispondente grosso modo alla attuale provincia di Bari. Le testimonianze offerte da alcuni scavi effettuati nel 1998 dalla Sovrintendenza Archeologica di Taranto nei boschi di Lama Cupa, hanno evidenziato le tracce di un centro fortificato di grande estensione, abitato dall'epoca preclassica sino almeno a tutta l'epoca ellenistica. Con l'arrivo dei profughi spartani che fondarono Taranto alla fine dell'VIII secolo a.C., l'antico centro japigio molto probabilmente rappresentò un avamposto del popolamento peuceta. Infatti si trovava a poca distanza dal bastione greco dell’abitato fortificato di Mottola, che difendeva la chora tarantina, ovvero la fertile pianura circostante la città bimare che era stato conquistato dai Greci per alimentare la colonia spartana.
Nonostante queste importanti testimonianze archeologiche, mancano del tutto riferimenti letterari e notizie documentarie sulle vicende del territorio in epoca classica. La assenza di documentazione continua anche per tutto il Medioevo, periodo nel quale San Basilio ospitò insediamenti civili e religiosi in rupe, acquisendo il toponimo che dedica il suo territorio al Santo fondatore del monachesimo orientale.
La principale testimonianza storica ed architettonica d'epoca medioevale è rappresentata dalla cripta rupestre che è sottostante alla chiesa della masseria Casino del Duca, nella cui area si rinvengono parecchie grotte risalenti a quel periodo. La cripta, scavata nel tufo, ha due navate e due absidi e presenta i resti molto rovinati di alcuni affreschi più volte restaurati nel passato. La pala dell'altare principale raffigura una Vergine con Bambino con San Basilio e San Francesco, quindi vi sono un'altra Vergine con Bambino e un Cristo Pantocratore. A essi si aggiunge un Crocifisso, risalente agli inizi del XIX secolo, realizzato in occasione di un restauro della chiesa.
Il toponimo San Basile compare "ufficialmente" per la prima volta in epoca moderna nel Disegno cartografico della terra d'Otranto eseguito nel 1620 da Giovanni Antonio Magini. L’apprezzo del 1626, fatto realizzare dal marchese di Mottola Marcantonio Caracciolo, riporta la descrizione del nucleo originario della grande masseria che ne costituirà il fulcro. Anche l'apprezzo del 1652, che riguarda la vendita del feudo di Mottola al Duca di Martina Francesco Caracciolo, parla di una "Torre di San Basilio" ed ancora di una "abitazione di S. Basile posta nel territorio detto Burgensatico, dove sono alcune stanze, con un'altra vigna ove il Marchese vi fa Masseria di semina di grani e orgi con la panetteria, e Molino detto S. Basile, Parchitello e giardino”. Seguono quindi i toponimi seicenteschi dei boschi del circondario, il Parco Grande detto Dolce Morso, Selva Dritta piccola, Parco di S. Basile. Un documento del 1701 accenna ai boschi posti nelle vicinanze, di Pizzofierro, Lamavallina, Selvadritta piccola o Dolce Morso con Petra Cavallo, Selvadritta grande e Burgensatico.
Tra la fine del '600 e gli inizi '700 i duchi di Martina procedettero all'ampliamento della masseria, che nella seconda metà del secolo diventò la sede operativa di Francesco III Caracciolo. Sul finire del '700 la grande e innovativa azienda del “duca agricoltore” venne visitata dal viaggiatore e studioso svizzero Carl Ulysses von Salis-Marschlins ed entusiasticamente descritta nell'opera Nel Regno di Napoli. Viaggio attraverso varie province nel 1789.
Tra il 1827 ed il 1849 l'ultima duchessa della casata Caracciolo, Maria Argentina, procedette alla ristrutturazione, ampliamento ed abbellimento della grande masseria, che prese il nome di Casino del Duca. La duchessa sposò il duca Riccardo de' Sangro, e alla sua morte gli immensi possedimenti mottolesi passarono a questa dinastia d'origine abruzzese, che li detenne sino al 1978, anno del decesso dell'ultimo duca Riccardo. Gli eredi, gli aristocratici siciliani Lanza di Mazzarino, successivamente alienarono tutti gli antichi possedimenti del latifondo ducale.
Subito dopo l'Unità d'Italia, tra il 1861 ed il 1863 i fitti boschi di San Basilio diventarono uno dei rifugi preferiti dagli esponenti della guerriglia e del brigantaggio filoborbonico, ospitando le temibili bande armate di Pizzichicchio, Coppolone e del Sergente Romano. Nel 1868 si registrò l'arrivo a San Basilio della ferrovia, il cui percorso originario è stato deviato solo alla fine del secolo scorso. Nel 1876, proprio a ridosso della strada ferrata, si procedette alla costruzione di Casa Isabella, su progetto dell'architetto napoletano Giuseppe Barone, dedicata dal duca Nicola de' Sangro alla consorte Isabella de' Medici.
Nel 1886 il duca Placido de' Sangro fece innalzare il Monumento al Cacciatore, dedicato alla memoria del figlio Riccardo, suicida a Napoli nel 1881 per una delusione amorosa. Il monumento era stato progettato dall'architetto Barone e realizzato dallo scultore napoletano Raffaele Bellazzi e venne distrutto nel 1974 da un fulmine durante un terribile temporale.
Nei primi anni del '900 presso Casa Isabella e il Casino del Duca furono allestiti degli splendidi giardini e quest'ultimo complesso prese il nome di Casa della Contessa Spinelli de' Marsi, che ne promosse un ulteriore ammodernamento e ristrutturazione.
Negli anni '30 i duchi De' Sangro sperimentarono a San Basilio alcuni principi della riforma agraria fascista, e la borgata rurale divenne un importante laboratorio nel Mezzogiorno della conduzione mezzadrile dei latifondi. Con l'arrivo della guerra, nel 1943 Casa Isabella fu sede per qualche tempo del comando bellico inglese e nei boschi di Burgensatico e Dolcemorso si insediarono gli accampamenti degli Alleati polacchi, neozelandesi ed inglesi.
Dal maggio 1945 sino al giugno 1946 il Casino del Duca costituì la base della 317a Compagnia Trasporti Ausiliarie polacche, posta sotto il Comando Base di Mottola del Secondo Corpo d’armata polacco, del generale Marian Roman Przewłocki. La Compagnia provvedeva al trasporto di vettovaglie, carburanti, alimenti, vestiario, medicinali, etc. dalle basi di Napoli, Capua e Taranto ai vari centri di addestramento militare polacchi del Salento.
Nel 1950 molte delle terre ducali, circa quattromila ettari, furono espropriate dalla riforma fondiaria ed assegnate ai contadini mottolesi. Nel 1960 venne costruito il primo nucleo della cantina sociale Dolcemorso, che produsse per lungo tempo i rinomati vini della zona, e nel 1964 fu edificata la nuova chiesa della borgata.