La chiesa rupestre di San Gregorio

Ultima modifica 6 aprile 2021

Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati

Risalendo da Petruscio e Casalrotto verso Mottola, alla immediata periferia del centro abitato nelle vicinanze del depuratore e del macello comunale, all'altezza del km 61,5 della ex strada statale 100, si affaccia la chiesa rupestre seminterrata di San Gregorio in un complesso molto esteso di insediamenti ipogei, che nelle immediate vicinanze comprende anche le due chiese rupestri della Madonna delle Sette Lampade e della Madonna degli Angeli.
Non vi è alcuna documentazione storica relativa alla chiesa, che sino a mezzo secolo fa era quasi del tutto interrata e la cui esistenza era stata registrata solo dagli appunti degli studiosi più attenti. Lavori di scavo furono eseguiti da una équipe nel corso degli anni1972-1973, riportando alla luce il suggestivo tempietto e materiali fittili databili dagli inizi del X al XIV secolo, provenienti  dalla cisterna posta all'interno della chiesa rupestre, sul pavimento, a sinistra dell’ingresso.
Il tempietto è uno dei più tardi del rupestre mottolese, essendo stato scavato in età normanna, tra XI e XII secolo. L'interno presenta caratteristiche architettoniche ed iconografiche di grande pregio e monumentalità, che lo hanno reso giustamente famoso presso gli studiosi e gli storici dell'arte.
L'impianto della chiesa, lunga sette metri e larga otto, a croce greca inscritta, è di tipo basilicale, con tre navate e tre absidi semicircolari a fondo concavo. Le navate sono accuratamente scompartite da quattro grandi pilastri cruciformi di semicolonne, posti su basi circolari e sormontati da capitelli quadrangolari a duplice listello, dai quali si dipartono archi a tutto sesto. Sul fusto del primo pilastro a sinistra, di fronte all’ingresso, è graffito un “nodo di Salomone”, quasi certamente opera di un pellegrino.
I soffitti dell'aula sono accuratamente scolpiti a finte travature nelle campate laterali e a spioventi in quelle centrali; nel bema presentano nella campata centrale una cupola simbolica con croce, a sinistra un'altra falsa cupola costituita da due cerchi concentrici e a destra una cupoletta costruita con conci di tufo. Il bema rialzato di 40 cm, a cui si accede con due gradini dall'aula, forse in origine era diviso dalla stessa con una iconostasi lignea. Nelle tre absidi, che sono orientate a nord, troviamo i resti degli altari monoliti, di poco staccati dalla parete, dei quali solo quello centrale si presenta ben conservato, con il fronte decorato da tre semicolonne. Sulle pareti dell'aula si aprono otto archivolti e sei  nicchie, due delle quali suggestivamente affrescate. Il corredo pittorico è limitato a tre soli affreschi. Il più importante e celebre è senza dubbio il maestoso Pantocratore, rappresentato a mezzo busto nella calotta centrale dell'abside. Il Cristo, benedicente con la mano destra, è raffigurato in uno sfondo bipartito, color ocra nella parte inferiore ed azzurro in quella superiore, delimitato da una cornice rossa. Il viso è mesto e contemplante, segnato dai lunghi capelli ondulati e dalla barba a due punte, con un grande nimbo crucifero color ocra circondato da perline bianche, ai cui lati campeggiano le iscrizioni esegetiche IC XC. Veste una tunica rossa ed un grande manto azzurro, e mostra il libro aperto nella mano sinistra, che reca la iscrizione attualmente illeggibile in caratteri greci. Il bellissimo Pantocratore mottolese è stato paragonato da più parti - per le molteplici affinità stilistiche - ad uno dei più famosi ed importanti mosaici siciliani del XII secolo, ovvero il Pantocratore del duomo di Monreale, e di conseguenza si è ipotizzata la sua stesura da parte di artisti erranti di provenienza greco-sicula influenzati dal modello siciliano, collocando la sua realizzazione tra la fine del XII ed il XIII secolo. Una caduta dell’intonaco presso il naso del Pantocratore evidenzia che il dipinto è stato realizzato utilizzando lo schizzo preparatorio (sinopia) disegnato direttamente sulla roccia.
La raffigurazione del Cristo come Pantocratore nella calotta absidale di una chiesa rupestre è peraltro avvenimento abbastanza inusuale nella nostra regione, perché negli absidi delle chiese rupestri prevale la raffigurazione della Deesis. Nel Tarantino gli unici due esempi di tal genere sono presenti a Mottola, a San Gregorio - per l'appunto - e nella chiesa rupestre di Cristo alle Grotte.
Nella navata destra, in una archeggiatura posta presso l'ingresso dell'abside, è raffigurato un affresco palinsesto con il dittico con la Vergine con Bambino e San Bartolomeo. La Vergine Odegitria e l’apostolo che evangelizzò l’Armenia hanno entrambi le aureole perlinate. I dipinti sono di fattura popolaresca e risalgono quasi certamente al tardo XIII-XIV secolo. Il fondale del dittico rappresenta un muro in mattoni, racchiuso in alto da due archeggiature bianche, sui quali è presente una decorazione in lettere pseudocufiche rosse e blu.
Nella navata destra segue l'immagine gravemente sfigurata nel volto di San Nicola, con l'iscrizione esegetica in lettere latine, databile anch'essa al XIV secolo. Il santo Vescovo è rappresentato in posizione frontale ed a figura intera, mentre regge il libro nella mano sinistra e benedice alla greca con la destra; l’immagine del santo è raffigurata entro un arco a tutto sesto composto da foglie di acanto stilizzate, che poggia su due colonnine con capitelli a bulbo, su uno sfondo blu scuro.

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