La seconda cattedrale: le reliquie di San Tommaso Becket

Ultima modifica 6 aprile 2021

Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati

La cattedrale venne dedicata in età moderna al Santo Patrono della città, l’arcivescovo di Canterbury san Tommaso Becket, ucciso nel 1170 nella sua cattedrale dagli sgherri  di Enrico II re di Inghilterra.  Si tratta di un patronato abbastanza insolito per una cittadina italiana, tanto che, oltre che a Mottola, il santo inglese è stato scelto come protettore solo dai comuni trevigiani di Gaiarine e Ponte di Piave.
Le testimonianze documentali della dedicazione della cattedrale a san Tommaso Becket non sono anteriori al Seicento: nel 1606 il vescovo Benedetto Russo scriveva nella sua relatio ad limina: “Ecclesia Cathedr. est sub invocazione S.Thomae Cantuariensis”; a sua volta, l’apprezzo del feudo di Mottola del tavolario Onofrio Tango, risalente al 1652,  citava la “chiesa madre sotto il titolo di S. Tomase”.
Il culto del santo arcivescovo inglese potrebbe essere giunto a Mottola nella seconda metà del Quattrocento, per poi incrementarsi nel secolo successivo, probabilmente a seguito della distruzione iconoclasta del suo sepolcro nel 1538 per ordine di Enrico VIII, nelle concitate vicende collegate allo scisma anglicano. In quel periodo molto travagliato nella vita della chiesa romana,  tra Riforma protestante e Controriforma, la figura dell’arcivescovo di Canterbury, martirizzato per la sua fedeltà al papa, assumeva un importante rilievo simbolico. Anche perché nei decenni centrali del secolo furono nominati vescovi della diocesi mottolese alcuni importanti esponenti della Sacra Inquisizione romana, come Scipione Rebiba (1551-1560) e Aloisio Campagna (1566-1579), impegnati in prima linea nella lotta contro le eresie, per difendere l’ortodossia cattolica e il primato della Chiesa.
Il culto potrebbe essersi rafforzato nella città anche per l’arrivo delle sue reliquie, magari recuperate da qualche fedele a seguito della distruzione iconoclasta della tomba  di Becket nella cattedrale di Canterbury, nel 1538. Una conferma a questa ipotesi viene fornita dal ritrovamento, nel corso dell’ultimo restauro, di una teca sigillata in zinco, che sembra potersi datare tra la fine del 1400 e l'inizio del 1500, contenente resti del santo insieme ad altre  reliquie dei martiri san Vitale, santa Gaudiosa  e san Laetantio.
Queste reliquie vengono conservate nell’altare principale della chiesa, opera dell’artista veronese Arturo Poli, che nel corso dell’ultimo restauro ha realizzato , con un disegno molto sobrio ed efficace, anche la sede, l’ambone e le vetrate della chiesa.

 

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