La seconda cattedrale: la facciata – il palazzo vescovile – il campanile

Ultima modifica 5 maggio 2020

Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati

La costruzione delle cattedrali, strutture complesse e il più delle volte realizzate nel corso di difficili situazioni storiche e ambientali, ha richiesto quasi sempre tempi molto dilatati.  Non disponiamo di una esauriente documentazione storica, al riguardo, ma sicuramente anche a Mottola furono necessari tempi molto lunghi per la sua realizzazione, sia nella prima versione con asse nord-sud che, successivamente, per il suo ingrandimento e raddrizzamento lungo l’asse ovest-est.
Il restauro terminato nel 2017 ha portato alla luce un elemento molto importante per la cronologia costruttiva della cattedrale. Si tratta di un tabernacolo, che è stato ritrovato nella zona dell’attuale presbiterio. Vi è inciso anche l’anno di realizzazione, il 1489, nel corso  della reggenza della sede vescovile mottolese da parte dell’arcivescovo di Brindisi Roberto Piscicelli.
Il tabernacolo venne realizzato durante il completamento della nuova abside e il definitivo spostamento in essa dell’altare maggiore, che fino a quel momento si trovava nella preesistente area absidale a sud, ove sono attualmente collocati l’altare e la statua di San Tommaso di Canterbury. Pertanto, nel 1489 le navate della nuova chiesa dovevano essere già state costruite, così come la nuova facciata a occidente, almeno parzialmente, anche se sul portale troviamo incisa la data MCCCCCVII (1507). Con ogni probabilità, infatti, quella data si riferisce all’anno del completamento del portale, che è in stile rinascimentale, quindi realizzato successivamente al prospetto della chiesa, che mostra uno stile tardo gotico.
Infatti, la facciata principale, rivolta a occidente, presenta un profilo mistilineo ad archi salienti, convessi e concavi.  Le facciate corrispondenti alle navate laterali terminano in due ampie curve convesse di un quarto di cerchio, mentre in corrispondenza della navata centrale troviamo due archi concavi. Questo motivo decorativo trae origine da una tipologia ornamentale tardo-gotica che veniva comunemente usata nel XV secolo nelle cimase delle cornici dei polittici, in monumenti funerari, altari, ecc.   e che fu utilizzato anche in diversi monumenti religiosi.
Infatti, tra il XIV e XVI secolo venne adattata architettonicamente, con diverse varianti, alle facciate di molti edifici sacri nei territori della Lombardia, del Veneto, dell’Istria e della Dalmazia. Un disegno analogo lo ritroviamo nel duomo di Mantova e nel prospetto della basilica jemale di Santa Maria Maggiore, che costituì la primitiva facciata del duomo di Milano, tra la fine del Trecento e i primi decenni del Seicento. In Veneto, fu utilizzata a Treviso nella chiesa di Santa Maria Maggiore; a Venezia nelle chiese di Sant’Aponal, di San Giminiano, dei SS. Filippo e Giacomo, di San Giovanni Battista in Bragora, nell’abbazia di San Gregorio, nella chiesa monastica della Madonna delle Grazie e nella Scuola Grande della Confraternita della Carità.
Nel corso del XV secolo questa tipologia giunse anche in Puglia; oltre che nella facciata della cattedrale di Mottola è presente in quella di Ostuni, la cui costruzione fu avviata verso il 1470,  e ancora nella chiesa di San Lorenzo a Laterza, sempre del XV secolo.
La facciata, lungo i bordi degli archi salienti convessi e concavi, appare interamente decorata con archetti pensili trilobati, inscritti in archi ogivali con fregi a “borchie di diamante”, molto simili a quelli della primitiva facciata a settentrione, privi però delle protomi zoomorfe e antropomorfe. Una ricca decorazione con grappoli, motivi vegetali e testine di uomini e animali è presente, invece, nella cornice del rosone, che vede ornata una fascia centrale, collocata tra una cornice più interna di foglie di acanto e una esterna con due file di fregio a cubetti, alternati a scacchiera.
Il motivo decorativo dell’arco trilobato, presente lungo i bordi degli archi salienti della facciata, comincia a diffondersi  in questa zona della Puglia nel tardo Quattrocento.  Esso appare tra i motivi decorativi in un sigillo vescovile  appartenuto a Leonardo Coccio, che fu vescovo di Mottola  tra il 1471 e 1482, attualmente conservato nella British Library di Londra. Il sigillo è molto importante perché riporta il più antico stemma civico di Matera, la città che aveva dato i natali al vescovo. La presenza in esso dell’arco trilobato, fregio che è presente anche nelle decorazioni della cattedrale, la concordanza temporale e la funzione episcopale di Coccio, fanno pensare che questi possa essere stato un possibile committente della facciata della cattedrale.
Sotto il rosone, il portale centrale viene sormontato da due festoni concavi in salita che si incontrano in una gemma; i festoni sono decorati con fiori e frutti e ognuno di essi termina con un piccolo rosone sovrastato da una pigna, che poggia sul capitello di una lesena laterale scanalata. Ogni lesena, a sua volta, è affiancata da una colonnina liscia con capitello corinzio, poggiante su un leone stiloforo che è posto a guardiano del tempio.
Come abbiamo detto, questo portale presenta soluzioni stilistiche prettamente rinascimentali e sembra essere  più tardo almeno di qualche decennio rispetto al resto della facciata tardo gotica. Sull’architrave è leggibile l’iscrizione composta da parole iniziali  H.T.F.M.RB., insieme alla data A.D. MCCCCCVII (1507). L’iscrizione deve essere letta:  H(oc) T(emplum) F(ecit) M(agister) R(...) B(...) a(nno) D(omini) MCCCCCVII, ove “RB” presumibilmente rappresenta la 'firma' lasciata dal capomastro  dei lavori, che furono eseguiti nel 1507. La datazione, infatti, non riguarda la intera facciata, bensì  solo il portale, sulla cui architrave essa è scolpita.
In corrispondenza delle navate laterali, vi sono due porte di accesso, ognuna delle quali sovrastata in alto da una finestra bifora ad arco circolare, ricavata in arcate cieche ad arco ellittico. Queste bifore sono recenti, essendo state realizzate nel corso di restauri della chiesa tra il 1958 e il 1965.
Di fronte al prospetto principale della chiesa, fino al 1930 vi era il Palazzo Episcopale. Mottola è stata sede vescovile dalla fine dell'XI secolo sino al 1818, quando la diocesi mottolese – che comprendeva anche i centri di Massafra, Palagiano e Palagianello – venne soppressa e incorporata in quella di Castellaneta. Molto spesso, in età moderna, i suoi vescovi sono stati effettivamente residenti a Napoli o a Roma, oppure nella vicina Massafra. L’antico e malridotto palazzo episcopale venne più volte restaurato e ritoccato nel corso dei secoli e , a partire dal Settecento, in parte adattato per abitazioni popolari.
Per oltre trecento anni la parte destra della facciata del tempio è stata deturpata e nascosta. Infatti, nel 1600 il vescovo Silvestro Tufo fece costruire il seminario, una nuova struttura edilizia, alta, lunga e stretta, posta a ridosso delle mura di fortificazione del lato meridionale della città, che collegò fisicamente il palazzo episcopale alla cattedrale, attraverso la sua porta laterale destra.
Nei primi anni ’30 del Novecento l’episcopio venne abbattuto, insieme alla mostruosa superfetazione seicentesca, per permettere la costruzione del serbatoio piezometrico dell'Acquedotto Pugliese. Sulla parti della facciata della chiesa, che erano  rimaste libera dall’ingombro della sala del seminario, appaiono diverse “buche pontaie”, che servivano per montare e fissare i ponteggi necessari ai lavori di intonacatura e riparazione dell’edificio, nel corso del Seicento e Settecento.
All'esterno della chiesa, verso mezzogiorno, si innalza il campanile del XIV secolo, dichiarato nel 1890 "monumento nazionale". Alto circa 21 metri, ha pianta rettangolare, e si sviluppa su tre livelli. Ognuno dei due livelli superiori presenta nelle facciate delle finestre a tutto sesto, che sono bifore nel livello superiore. Il monumento è dotato di due campane, la più grande risalente al XVIII secolo e la più piccola al XIX secolo.