Il santuario rupestre della Madonna delle sette lampade

Ultima modifica 12 maggio 2020

Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati

Anche questo santuario rupestre vede la sua genesi in un momento di grossa difficoltà nella storia della comunità mottolese. Questa volta siamo nel settembre dell’anno 1837, quando a Mottola era arrivata, per  la prima in volta in assoluto, una epidemia di colera asiatico. La cittadina, che l’anno prima contava  3502 abitanti, era assolutamente impreparata a difendersi dall’epidemia e tra il 19 agosto e il 17 settembre vide morire ben duecentotrenta suoi abitanti.
Il 14 settembre, mentre infuriava il colera e i mottolesi morivano come mosche, la Vergine apparve in sogno a una povera donna malata, promettendole che l’epidemia sarebbe cessata ed ella sarebbe guarita se avesse fatto scoprire una cappella a lei dedicata, della quale indicò il sito.
La donna, quasi morente, comunicò l’apparizione al suo confessore; così la notizia si sparse e molti contadini e curiosi, armati di vanghe, si recarono sul posto indicato, riportando in poche ore alla luce una antica chiesa rupestre con alcuni affreschi sacri. Pochi giorni dopo l’epidemia cessò. I fedeli tradizionalmente mantengono ancora tutt'oggi accese perpetuamente sette lampade e celebrano la festa di questa salvifica Madonna il 14 settembre.
L’aula del santuario rupestre mostra una pianta binavata, divisa da due pilastri in altrettante navate che terminano in absidi, orientate liturgicamente ad est, mentre l’ingresso è posto a sud. Questo tipo di pianta, in genere, risulta abbastanza raro negli edifici sacri. Non è ancora chiaro il motivo della scelta delle due absidi, anche se si pensa che l’impianto biabsidato sia stato adottato nell’Italia meridionale per poter consentire la celebrazione all’interno dello stesso edificio sia del rito greco che di quello latino. In Puglia le chiese “costruite” a due navate e due absidi sono abbastanza rare, ben più abbondanti risultano quelle scavate nei comprensori rupestri della regione e a Matera. A Mottola questa soluzione è presente in ben sei chiese rupestri, oltre alla Madonna delle Sette Lampade in Cristo alle Grotte, San Vito ai Tre Pozzi, San Basilio, San Marco, nonché nella chiesa della gravina di Forcella. Ad esse va aggiunta l’antica chiesa duecentesca di Santa Maria de Busso/de Vetere, che aveva anch’essa questo tipo di planimetria, a ulteriore conferma della notevole diffusione in ambito locale di questo insolito modello planimetrico.
Nell'abside destra in origine era rappresentata una Madonna con Bambino con San Giovanni Evangelista e San Pietro ai lati, mentre nell'abside sinistra vi era la consueta Deesis col Pantocratore in trono, tra la Vergine e S. Giovanni Battista. Questi antichi affreschi,  molto probabilmente palinsesti, dopo la scoperta della chiesa nel 1837 furono ricoperti da murature addossate agli altari originari, sulle quali sono stati affrescati nuovi soggetti sacri, di modesta entità artistica. Attualmente, sulla destra vi è la Vergine col Bambino contornata da angeli, sulla sinistra una immagine di San Gregorio Magno. L’unico affresco residuo della originaria decorazione, attualmente visibile seppure molto rimaneggiato, è quello di Santa Venerdia o Parasceve, ascrivibile al XII secolo, in una arcata della parete nord. Sempre in questa parete è dipinta una Crocifissione con la Madonna e Maria Maddalena, risalente al 1939, opera di Francesco Sportelli, che ha ricoperto un preesistente affresco medievale di San Giorgio. Il soffitto è decorato da motivi sacri ornamentali e da finte travature, come nella vicina chiesa rupestre di San Gregorio.


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