La chiesa dell'Annunziata

Ultima modifica 6 maggio 2020

Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati

Questa  «parva ecclesia» viene citata per la prima volta nel 1661, in un documento del vescovo Gennaro d’Andrea. Era posta circa cinquecento metri fuori delle mura medievali, verso mezzogiorno, lungo la strada che usciva dalla Porta Vecchia della città, all’incrocio con una antichissima via istmica, che andava da Chiatona sullo Jonio sino a Pezze di Conversano sull’Adriatico. Questa antica via passava anche davanti all'altra cappellina cinquecentesca dedicata alla Madonna di Costantinopoli, attualmente ubicata nel quartiere 167; tra le due chiesette, fino alla seconda metà del secolo scorso, il 25 marzo, festa dell'Annunciazione, si teneva una tradizionale cavalcata che accompagnava la processione di una immagine della Madonna del Rosario.
La cappella ha una facciata molto semplice, a capanna, che si sviluppa in un solo ordine, contornato in alto da due cornicioni a rilievo sovrapposti, separati da una fascia molto stretta di muratura. La facciata presenta un corpo leggermente avanzato, delimitato lateralmente da due lesene, ognuna delle quali mostra un primo capitello posto sotto il cornicione più basso, e un secondo capitello a rilievo sopra il cornicione più in alto, che fa da base a un alto pinnacolo piramidale. Oltre le lesene la muratura continua brevemente, leggermente arretrata, terminando a destra e sinistra con altre due lesene simili alle prime, fatta eccezione per il pinnacolo.  Presso la lesena di sinistra è allineato un campanile a vela, dotato di una piccola campana. All’altezza dei due capitelli superiori nelle lesene centrali, si dipartono le falde spioventi della copertura a capanna della chiesa, con cornicione in rilievo, terminanti in un cubo arretrato che costituisce la base di una croce litica. Un rosone cieco a sezione cruciforme arrotondata sovrasta la porta di ingresso che è ribassata,  con un piccolo sagrato antistante, a cui si accede attraverso tre gradini.
Sull’architrave dell’ingresso si legge NON TIBI SIT GRAVE DICERE MATER AVE (Non ti sia di peso dire Ave Maria), ovvero le parole che papa Alessandro III fece incidere nel 1177 sul portico del “Colle del Perdon” a Venezia, dove si era rifugiato per scampare alla persecuzione dell’ imperatore Federico Barbarossa. L’iscrizione riporta anche una data in numeri arabi, presumibilmente il 1540. Anche lo storico mottolese Marco Lupo afferma che la chiesetta  «vuolsi, fosse stata edificata nel secolo XVI».
Le pareti dell’aula mononavata, scandite dai due archi a sesto acuto, erano in origine tutte affrescate, con dipinti che presentano caratteristiche stilistiche tardo medievali. Presso le acquasantiere a conchiglia si trovano due distinte raffigurazioni del profeta Giona, con relative iscrizioni esegetiche; nella prima (IO-…PhTA) il profeta viene rigettato dal pesce sulla terra ferma, nell’altra riposa sotto la pergola di ricino (IONAS-PROFETA). Per quanto riguarda il resto , è in parte leggibile un san Giovanni Battista con il cartiglio che riporta la sua dichiarazione (E)CCE (A)MNUS DEI, ECCE QUI TOLLIT… nel quale il frescante ha commesso un evidente errore (amnus al posto di agnus). I caratteri delle scritte presenti nei brani superstiti di questi affreschi sono in onciale biblica, uno stile di scrittura che venne usato nel corso del medioevo.
Presso l'affresco che rappresenta San Giovanni Battista, a fianco del cartiglio retto dal Santo Precursore, è inciso un graffito, che sembra essere antico, un personaggio col cappello a punta. E' notorio lo strettissimo rapporto  tra la magia e san Giovanni Battista, da sempre collegato a energie mistiche e divinatorie. Il nostro graffito, collocato presso il dipinto del Santo, potrebbe dunque alludere a queste caratteristiche magiche e divinatorie. D'altra parte, il cappello a punta (pileus cornutus) nel medioevo era un tratto distintivo dell'abbigliamento degli ebrei e iniziò a essere associato con l'occulto e il magico solo dopo l'approvazione di una legge del 1421, a Buda, che obbligava le persone accusate di stregoneria ad apparire in pubblico con un “cappello da ebreo”. Così esso passò dall'abbigliamento degli ebrei a quello delle streghe, venendo imposto anche a chi veniva arrestato per eresia nella Spagna dell’Inquisizione. Quindi il graffito potrebbe rappresentare non un mago, bensì un ebreo. Dopo il decreto di espulsione degli ebrei  dalla Spagna, emanato il 31 marzo 1492 dai re cattolici Isabella di Castiglia e Ferdinando II di Aragona, nei secoli del dominio spagnolo la Puglia ospitò infatti molti di loro, parecchi dei quali convertiti al cattolicesimo, i cosiddetti "marrani".
Nell'aula  appaiono altri brani di affreschi e decorazioni, tra le quali gigli e un nodo gordiano. Altri graffiti, brani di antichi affreschi, di difficile lettura, si intravedono nel transetto della chiesetta. Sopra l’altare campeggia una Annunciazione, sicuramente di mano diversa e posteriore agli affreschi della navata, di fattura modesta probabilmente seicentesca, che venne restaurata nel 1893 da Giuseppe Sampietro.
Circa la intitolazione della chiesetta possiamo fare solo ipotesi. Essa viene citata per la prima volta nella seconda metà del Seicento, pertanto si può ipotizzare che sia stata dedicata all’Annunziata nel corso della signoria mottolese dei Caracciolo di Santeramo e Cervinara, marchesi di Mottola dal 1611 al 1653.
La nobile famiglia Caracciolo era infatti parte attiva di una celebre istituzione di carità di Napoli, la Real Santa Casa dell'Annunziata, che aveva introdotto nella città partenopea la famosa “ruota degli esposti”. Proprio nel XVII secolo la Santa Casa era giunta al livello massimo della sua benefica attività. Ogni anno si alternavano al suo  governo i maggiori esponenti delle nobili famiglie napoletane del Seggio di Capuana, e soprattutto i Caracciolo, che rappresentavano la casata più numerosa e potente di questo Seggio. In particolare, il marchese di Volturara Giovan Battista Caracciolo, fratello del primo marchese di Mottola Marcantonio e padre del successore Francesco, fu il Governatore della Real Santa Casa dell'Annunziata negli anni 1600, 1603 e 1606, ovvero proprio nel periodo nel quale Marcantonio aveva acquistato il feudo di Mottola.
Pertanto, è possibile che i Caracciolo di Santeramo e Cervinara abbiano potuto accollarsi il restauro dell’originaria chiesa, della quale ignoriamo il nome, intitolandola quindi alla Vergine Annunziata per la quale avevano una particolare devozione familiare.
Il monumentale Calvario che si trova nei pressi della cappella,  venne realizzato nel 1903 a scopo devozionale dal carpentiere Martino Romanelli.