Il casale rupestre di Casalrotto - La necropoli medievale di Casalrotto

Ultima modifica 7 maggio 2020

Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati

L'area del casale rupestre si estende per circa sei ettari e mezzo. La zona più meridionale, nei pressi della chiesa di Sant'Angelo, presenta le caratteristiche tipiche  dell'habitat rupestre spontaneo, mentre il resto del casale sembra essere stato concepito in un'ottica urbanistica più razionale, simile agli insediamenti abitativi tradizionali. Sono presenti unità abitative a schiera, ognuna delle quali dispone di un giardino-ortale anteriore, che sono localizzate lungo le curve di livello della lama, con andamento chiuso e comunicazione prevalentemente per linee concentriche.
Il versante occidentale della lama vede la presenza, davanti alle abitazioni, di ripiani più larghi e concavi ricchi di terreno vegetale; ne risulta quindi una minore densità abitativa e un maggiore utilizzo degli ortali. Complessivamente è esteso circa 12.500 mq e presenta  quarantasei case-grotta, con una superficie media complessiva a disposizione per ogni casa-grotta di 270 mq. Gli ambienti più ampi e capienti e i giardini-orti di maggiore estensione sono localizzati nella parte centrale del versante.
Lo spalto orientale, che è maggiormente convesso e poco terrazzato, presenta una maggiore densità abitativa. Esso ospita cinquanta case-grotta che si distribuiscono su circa 10.000 mq complessivi, con un'area media a disposizione per ogni casa-grotta di circa 200 mq.
Così come a Petruscio, qualche secolo prima, gli operosi abitanti di queste grotte avevano studiato soluzioni intelligenti e sofisticate per raccogliere e convogliare l'acqua piovana in apposite cisterne poste nei pressi delle loro abitazioni. Un interessante esempio di questo sistema di raccolta idrica è presente nella vicina chiesa rupestre di Santa Margherita, nella quale varie cisterne poste su diversi livelli erano in comunicazione tra loro mediante scanalature lungo le quali avveniva il deflusso dell'acqua che tracimava.

LA NECROPOLI MEDIOEVALE DI CASALROTTO
A pochi passi dall'imponente masseria settecentesca di Casalrotto, tuttora abitata, in prossimità dell'aia, le tombe della necropoli medievale giacciono all'ombra di secolari alberi d'ulivo.
L'area cimiteriale risale ai secoli XII e XIII ed era ancora venerata ai primi del '600, a giudicare da una relazione datata al 1618, redatta in seguito alla visita canonica di un rappresentante del monastero della Santissima Trinità di Cava.
Durante le  quattro campagne di scavi condotte tra il 1979 ed il 1982 da un'équipe dell'Università di Lecce sono state scavate 98 tombe, in 83 delle quali sono stati ritrovati i resti di circa 140 deposizioni funerarie, suddivise in 32 tombe a deposizione singola  e 51 a deposizione plurima.
Grazie alle informazioni fornite da questa necropoli medievale, gli studi condotti da archeologi e studiosi hanno consentito di tracciare una sorta di identikit degli abitanti del villaggio di Casalrotto. Per la vastità dell'area su cui si estende (mt 40x15), il numero dei resti umani e dei frammenti di ceramica medievale rinvenuti tra la terra, il cimitero rappresenta un vero e proprio forziere che ha conservato le tracce del passato, rivelando molti dati sulla struttura etnica e fisica, la devozione, l’economia, le tradizioni, l’alimentazione  l'operosità degli abitanti che hanno abitato e animato il villaggio rupestre.
Molte tombe presentavano all'altezza del capo del defunto una stele con croce incisa, seminterrata nel piano di calpestio, che attestava  il luogo di sepoltura. In altre, invece, la croce era incisa nella fossa stessa, sempre all'altezza del capo. Le tombe hanno forma trapezoidale e rettangolare di varie dimensioni, erano ricoperte da grandi lastroni tufacei informi e sono orientate in direzione ovest-est. La testa, che poggiava su di un rialzo della fossa a mo' di cuscino, era posta ad ovest, i piedi ad est; il viso del defunto quindi era rivolto dove sorge il sole, che è la luce di Cristo, e dove è collocato il Paradiso, secondo la tradizione popolare medievale. In ossequio alle usanze cristiane, in nessuna tomba sono stati trovati oggetti  di ornamento personale o altro tipo di corredo funerario.
Alcune tombe sono state ritrovate vuote, probabilmente a causa di antiche manomissioni. Nella stessa area sono stati ritrovati pozzi-ossari contenenti molte ossa depositate alla rinfusa, probabilmente rimosse per seppellire altri morti nelle stesse tombe. Era molto diffusa l'usanza di riutilizzare la stessa tomba per le deposizioni dei vari membri della famiglia. Alla morte di un componente si riapriva la tomba e si lasciava solo il cranio dello scheletro già presente, che era ritenuto la parte più importante del corpo, mentre le altre ossa finivano negli ossari.
Dal materiale osteologico recuperato si è potuto risalire allo studio di circa centoventicinque soggetti completi. Nella maggior parte dei casi il defunto veniva deposto nella tomba in posizione supina o adagiato sul fianco destro, con le braccia incrociate sul torace oppure poste lungo i fianchi. Gli studi osteologici hanno potuto individuare il sesso e l'età di gran parte degli scheletri rinvenuti. Molte tombe custodivano scheletri di bambini, evidenziando un alto tasso di mortalità infantile e giovanile (35%): sul totale degli scheletri ritrovati, solo il 14% era di età matura e senile, e questi ultimi solo di sesso maschile.
La statura dei maschi era di circa 1687 mm, quindi "sopra la media" del tempo; quella delle femmine, 1590 mm circa, risulta anch’essa più alta, rispetto ai valori tipici del periodo considerato. Il tipo morfologico prevalente è quello "mediterraneo".
Nelle tombe sono stati ritrovati pochissimi oggetti: un bottone in bronzo con perline, tre monete di Carlo I d'Angiò coniate dalla zecca di Brindisi tra il 1266 ed il 1278 ed infine una valva di pecten jacobeus con due fori per appenderla al collo. Il ritrovamento di questo ex voto è comune in Spagna e Francia, mentre in Italia è molto più raro. La conchiglia rappresentava il testimonium, segno di riconoscimento dei pellegrini che avevano effettuato il viaggio penitenziale al celebre santuario spagnolo di San Giacomo (Santiago) di Compostela, in Galizia, sulle sponde dell’oceano Atlantico. Il santo Apostolo probabilmente godeva di notevole culto a Casalrotto, come attesta la sua collocazione al posto del Battista in una delle Deesis della chiesa rupestre superiore di Sant'Angelo.