I villaggi rupestri nelle gravine e nelle lame

Ultima modifica 7 maggio 2020

Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati

I particolari caratteri geomorfologici del territorio pugliese interessato dalla ricolonizzazione dei bizantini orientarono lo scavo dei villaggi e fattorie rupestri verso alcune tipologie ricorrenti. Presso le pianure, infatti, ai margini dell’altopiano murgiano, abbondano le gravine e le lame che hanno rappresentato l’habitat preferito per l’insediamento dei coloni medievali.
Le gravine sono grandi e profonde incisioni naturali della roccia, modellate nei letti degli antichissimi fiumi fossili dalla azione delle acque e degli eventi atmosferici, che hanno creato grandi e spettacolari canyon posti sul gradino murgiano a una altitudine variabile tra i 100 ed i 250 metri s.l.m. Inoltre, sono affiancate da centinaia di lame, incisioni nelle quali il fenomeno erosivo appare più modesto. Il gradino pedemurgiano che ospita questi habitat, dal punto di vista geologico contiene teneri depositi argillosi, sabbiosi, tufacei e marnosi risalenti al Pliocene, da 12 milioni di anni fa, sino al Pleistocene, e la sua vegetazione naturale prevalente è quella dell’areale dell'Oleastro e del Carrubo, ovvero la tipica macchia mediterranea dei climi aridi.
Sulla base di queste caratteristiche ambientali, la grotta realizzata con scavo orizzontale nelle pareti tufacee delle gravine e delle lame venne adottata come modello abitativo prevalente, alternativo rispetto alla casa "costruita". In taluni casi, soprattutto nella fase di espansione degli abitati ipogei in zone più pianeggianti, venne anche utilizzato il modello dello scavo verticale e orizzontale nel terreno, come si può osservare nelle “vicinanze” di Massafra e a Matera, che appaiono molto simili alle tipologie nordafricane di Matmata e cinesi dello Shanxi. La vicinanza è una corte scavata a pozzo sulla quale si affacciano gli ingressi di diverse abitazioni semi-ipogee, ed è generalmente fornita di strutture che vengono utilizzate in comune come pozzi, cisterne, sedili, ecc.
Probabilmente, il modello abitativo della architettura per sottrazione fu adottato “in primis” come soluzione provvisoria, utile per risiedere presso i luoghi di lavoro e produzione dell'agricoltura e della pastorizia, ma il suo utilizzo restò costante nel corso di tutto il basso medioevo. Il vantaggio era quello di poter contare su un luogo protetto, facilmente adattabile alle esigenze di vita civile, caldo di inverno e fresco d'estate. Il posizionamento delle aperture delle grotte sulle pareti delle gravine consente infatti al sole, che d'inverno scorre più basso sull'orizzonte, di entrare nell'antro e riscaldarlo, mentre d'estate i raggi del sole alto  sull’orizzonte non entrano nella grotta, mantenendola fresca. Spesso gli ipogei venivano scavati su svariati livelli successivi, in taluni casi anche una decina, facendo assumere alle pareti delle gravine più profonde l'aspetto di spettacolari "grattacieli rupestri".
Questa architettura biosostenibile e vernacolare presenta caratteristiche molto lineari, anche perché quasi sicuramente ogni famiglia “scolpì” nella roccia la propria abitazione, quindi le tecnologie e i modelli adottati dovevano necessariamente essere semplici ed essenziali. Le abitazioni, i laboratori, i depositi, le stalle, i focolari mostrano tipologie ricorrenti. In molti casi lo scavo dell'ambiente si presenta di forma trapezoidale, per permettere alla luce solare di riscaldare d’inverno gli angoli più estremi della stanza. All'interno, oltre alla escavazione di nicchie usate come alcove o ripostigli, erano molto usate le caviglie, fori nelle pareti rocciose attraverso i quali si lasciava passare una fune o un palo per reggere recipienti con le provviste alimentari o le culle dei bambini. E' normale ritrovare negli ambienti rupestri le fovee, profonde buche scavate nel pavimento per conservarvi il frumento ed i legumi, e all'esterno delle grotte pozzetti per la raccolta delle deiezioni animali che venivano utilizzate come concime. Gli abitanti generalmente vivevano nella casa-grotta assieme ad animali di piccola e media taglia, che venivano limitati nei movimenti attraverso apposite palizzate, anche perché gli animali contribuivano col loro calore corporeo al riscaldamento dell’antro nella stagione fredda.
A proposito del rifornimento idrico di queste comunità, una funzione essenziale in un’area tendenzialmente arida e priva di corsi d’acqua perenni come la Puglia centrale, gli studi paleoclimatici hanno rilevato che la ricolonizzazione bizantina si è verificata nella prima fase della MCA o MWP, ovvero in un periodo caldo e notevolmente piovoso. Questo ci aiuta a capire come mai parecchi grossi villaggi rupestri pugliesi e lucani siano posizionati nelle fiancate delle gravine. Quando si scavarono i primi insediamenti rupestri, in età altomedievale, grazie all’abbondanza di precipitazioni piovose nei letti dei canyon scorrevano torrenti e fiumicelli stagionali molto più consistenti e prolungati di quanto sia possibile verificare oggi. L’apporto idrico nel corso della stagione piovosa veniva fornito dal ruscellamento superficiale di questi corsi d’acqua stagionali. D’altra parte, per  garantire l’alimentazione idrica d’estate, nelle pareti rocciose della gravina venivano scavate reti di canalette, indispensabili per catturare l’acqua nella stagione delle piogge, convogliandola quindi verso le profonde cisterne "a campana” che erano scavate nella roccia all’esterno di quasi tutte le abitazioni ipogee.
E’ da sottolineare che le grotte, così come i muretti a secco, rappresentano degli ottimi condensatori e distributori di umidità nell'ecosistema. Di giorno il riscaldamento del sole fa aumentare il vapore nell'atmosfera, che penetra nelle fessure delle rocce, sino a saturarle. Di notte il raffreddamento dell'aria, delle rocce, del suolo, causa la trasformazione di quel vapore in minute goccioline, che si condensano sulle superfici interne delle rocce e dei muretti, diventano pesanti e scendono lungo i pori e le fessure, raggiungendo il suolo. Il terreno assorbe quest'acqua, fornendola a sua volta agli apparati radicali delle piante che vivono nei dintorni dei muretti e delle rocce, che quindi sono generalmente più floride e forti delle altre. Nel caso della grotta questa funzione benefica di rilascio di umidità viene amplificata nella gravina grazie all'azione delle correnti notturne d'aria più fresca. Esse, penetrando nella grotta, facilitano la condensazione dell'umidità raccolta nell'antro in minuscole goccioline che le stesse correnti d'aria trasportano e disperdono all'esterno della grotta, a beneficio dei piccoli orti che circondavano le abitazioni.
Queste semplici e ingegnose soluzioni di adattamento ambientale attestano l'applicazione sul nostro territorio in età altomedievale del modello della comunità idrogenetica, che è ampiamente sperimentata nelle aree predesertiche dell’Africa e dell’Asia. In situazioni ambientali fragili e poco ospitali, che non beneficiano di grandi disponibilità idriche, la sopravvivenza e lo sviluppo dell’ecosistema si fondano sulla vantaggiosa valorizzazione e sull’utilizzo intelligente delle risorse minime che vengono fornite dall’ambiente. Grazie alla accurata conoscenza del territorio e alla adozione di procedure ingegnose e rispettose delle leggi della natura, vengono così a crearsi ecosistemi auto sostenibili, che devono essere gestiti col massimo rispetto dei principi basilari di vivibilità, nella piena e mutua collaborazione tra uomo e uomo, tra uomo e natura.