Arte nella cattedrale: Il Cinquecento - L’affresco della Vergine del Rosario
Ultima modifica 6 maggio 2020
Testo di Sergio Natale Maglio - © Tutti i diritti riservati
Il recente restauro ha riportato alla luce un antico affresco che mostra la Vergine e il Bambino con san Domenico di Guzman e santa Caterina da Siena, inscritti in una fascia decorata ellittica nella quale trovano posto quindici medaglioni tondi con la raffigurazione dei Misteri Gaudiosi, Dolorosi e Gloriosi del Rosario. Il dipinto ornava una cappella della navata sinistra, che venne utilizzata come oratorio della antica confraternita mottolese del Rosario, prima della costruzione della cappella confraternale fuori delle mura della città, l’attuale chiesa del Rosario, nella seconda metà del XVIII secolo.
Si tratta della più antica opera pittorica della Vergine del Rosario in Terra d’Otranto ma anche, probabilmente, della più antica in assoluto di committenza confraternale nella Puglia. Sotto la composizione della Vergine col Bambino tra i due santi appare infatti la data 1569, che attesta come il dipinto sia stato realizzato due anni prima della battaglia di Lepanto e conferma la presenza a Mottola del culto della Vergine del Rosario ancor prima di quello storico evento.
L’affresco, dopo essere stato fortuitamente ritrovato sotto uno strato di intonaco che lo ricopriva, è stato solo ripulito e non ancora restaurato. Particolarmente suggestivi appaiono i visi della Madonna e del Bambino, di notevole fattura qualitativa. La Vergine tiene con la mano destra il bimbo nudo poggiato sulla gamba, ed è seduta sul trono color terra di Siena con decorazioni grigiastre; lo sfondo è color grigio verde con decorazioni fitomorfe giallo oro. Ai lati, inginocchiati, troviamo san Domenico, alla destra della Vergine, e santa Caterina.
Ognuno dei clipei dei Misteri, che contornano la sacra composizione, presenta una cornicetta color giallo arancione ed è collegato agli altri due prossimi con un breve tratto dello stesso spessore e colore, realizzando quindi nell’insieme una sorta di grande rosario del quale i medaglioni costituiscono i grani. I tondi dei Misteri sono quasi tutti perfettamente leggibili, fatta eccezione per il Mistero Gaudioso della visita di Maria a santa Elisabetta, mancante per una grossa lacuna del dipinto che interessa anche la parte superiore del tondo della Natività, nonché una piccola parte di quello della Annunciazione.
La disposizione dei singoli episodi è incentrata sulla collocazione nella posizione centrale, in alto, della Incoronazione della Vergine, ovvero l’ultimo dei Misteri Gloriosi. Pertanto, la “corona” dei Misteri parte lungo la cornice destra, in senso orario, dall’alto verso il basso, con i cinque Misteri Gaudiosi (Annunciazione, Visitazione, Nascita di Gesù, Presentazione al tempio, Gesù tra i dottori del tempio) e i primi due Misteri Dolorosi (Gesù nell’orto dei Getsemani, Flagellazione). La raffigurazione di una scena religiosa nella parte inferiore dell’affresco crea una interruzione nella “corona”, che quindi riparte lungo la cornice sinistra, sempre in senso orario, stavolta dal basso verso l’alto, con i restanti tre Misteri Dolorosi (Gesù coronato di spine, Salita al Calvario, Crocifissione) e quindi con i Misteri Gloriosi (Resurrezione, Ascensione, Discesa dello Spirito Santo, Assunzione), culminando quindi nel vertice del dipinto con l’ultimo di questi, la Incoronazione della Vergine.
Nella parte inferiore dell’affresco, sotto la data, nell’unica interruzione della “corona” dei clipei dei Misteri viene rappresentato un religioso vestito con un manto o una cappa molto scura, il quale dall’alto di un pulpito fronteggia alcuni personaggi, quattro dei quali seduti in prima fila mentre altri sembrano essere in piedi alle loro spalle. Il tutto, ancora una volta, risulta poco leggibile perché ancora non restaurato. L’affresco, essendo stato realizzato nel 1569, deve aver avuto necessariamente una genesi e un imprimatur domenicano, come stabilivano le nuove regole papali fissate proprio in quell’anno da Antonio Ghislieri, futuro san Pio V, con la bolla Inter desiderabilia, che vietavano il riconoscimento delle confraternite e delle cappelle del Rosario fondate senza l'autorizzazione del Maestro Generale dei Domenicani. Questa probabile presenza domenicana nella committenza dell’affresco riceve una conferma dalla cappa scura, tipica della divisa domenicana, che riveste il religioso raffigurato nella scena sottostante all’affresco e alla data, mentre predica o recita il rosario insieme alla platea dei personaggi che sono presenti sotto il pulpito. Quindi può essere stato realizzato, per impulso o sotto la supervisione di qualche promotor Rosarii dell’ordine, in occasione della erezione della cappella e dell’altare nella cattedrale, evento che era in genere strettamente collegato alla istituzione di una nuova confraternita.
La presenza a Mottola di una confraternita del Rosario è attestata in una relatio ad limina del 1592, ma non si può escludere che essa fosse stata costituita anche prima di quella data. Per le normative ecclesiastiche dell’epoca, una raffigurazione artistica della Vergine del Rosario, come quella presente nella cattedrale di Mottola, non avrebbe mai potuto essere realizzata nel 1569 in assenza dell’imprimatur domenicano e senza la presenza nella città almeno di un comitato promotore per la costituzione di una confraternita rosariana. E’ quindi plausibile l’ipotesi che la committenza del dipinto sia avvenuta da parte della confraternita oppure di un comitato promotore della stessa, su impulso di frati predicatori. In tal caso, ci troveremmo di fronte al più antico dipinto pugliese di committenza confraternale.
Il dipinto è affiancato sulla sinistra da una interessante sinopia, un disegno preparatorio di affresco, che sembra raffigurare san Pietro, rappresentato con i consueti attributi iconografici del libro chiuso e della chiave. Esso potrebbe essere addirittura preesistente e sottostante a un altro strato pittorico, più antico dell’affresco del Rosario, che ricopriva la muratura e del quale restano alcune labili tracce.